Ricami per meditare dal 1926

Sono la quarta generazione di una tradizione dedita all'arte del ricamo sacro e profano. Siamo una micro impresa in un piccolo villaggio di montagna, ma - e molto probabilmente grazie a questo - la nostra passione per l'arte del ricamo è stata in grado di attrarre Papi e Re, come piace dire a me.

Vuoi scoprire come? Ti racconto la nostra storia.

Milano, 1926

Franco Manenti e Irene Manenti sono stati l'energia iniziatica di questa tradizione. Franco era il più piccolo tra i fratelli e, anche se le sorelle lo avevano assoldato come garzone nel loro negozio, lui voleva costruirsi un futuro tutto suo. Così si licenzia e insieme alla moglie inizia la sua avventura: mentre Irene ricamava e confezionava paramenti ecclesiastici in casa, lui faceva il giro delle Chiese di Milano e provincia in bicicletta.

L'espansione dell'attività portò all'apertura di un negozio a Milano, in via Adua (l'attuale via Larga a Milano).

Un chirurgo e un ingegnere dietro al bancone di un negozio

Questa fotografia immortala entrambi i miei nonni dietro al bancone - un'immagine rara, considerando che mia nonna, chirurgo e mamma, raramente partecipava alla gestione del negozio.

Mio nonno, ingegnere con la passione per la montagna e la Marcialonga, dopo un periodo di apprendistato fu scelto dai suoceri per guidare l'attività familiare. Con la precisione e la dedizione tipiche di un ingegnere, portò avanti con successo l'attività aprendo il laboratorio di ricamo a Serina, il suo paese natale sui monti della Val Bremabana.

Ago e filo: strumenti di emancipazione femminile

Sto ricostruendo la storia delle donne che hanno animato il nostro laboratorio di ricamo. In un'epoca in cui per le donne le opportunità professionali erano limitate, qui trovavano indipendenza economica e realizzazione personale creando bellezza.

C'è un aneddoto che mi è particolarmente caro. Un giorno di primavera, mio nonno entrò nel laboratorio trovandolo insolitamente deserto. Nessuna delle ricamatrici era al proprio posto. Dopo pranzo, attratte dai primi fiori sbocciati, tutte erano corse sulle pendici del monte per raccogliere gigli selvatici.

Mio nonno, uomo di rigore e disciplina, le attese al rientro con le braccia conserte e lo sguardo severo. Ma quando le giovani donne tornarono, gli sorrisero e gli porsero un giglio appena colto. Un simbolo di rispetto reciproco che andava oltre le gerarchie del tempo, in un laboratorio che sapeva essere anche comunità.

In un'epoca in cui il settore tessile italiano affrontava la sua crisi più profonda, con produzioni migrate oltre oceano in cerca di costi ridotti e materiali economici, il nostro laboratorio ha rischiato di scomparire come tanti altri.

Mio padre ha fatto qualcosa di straordinario: non si è limitato a preservare l'attività di famiglia, l'ha completamente reinventata. Mentre altri cedevano alla tentazione di compromettere la qualità o delocalizzare, lui ha scelto di elevare ulteriormente il nostro artigianato.

Architetto del ricamo per formazione e passione, ha saputo tradurre la tradizione secolare in un linguaggio contemporaneo, trasformando il laboratorio in un atelier d'eccellenza per l'alta moda. Con precisione tecnica e sensibilità artistica, riesce a dare vita alle visioni più audaci degli stilisti, convertendo schizzi e idee in creazioni tridimensionali di straordinaria bellezza.

Oggi, quelle stesse mani che ricamano corredi e paramenti sacri e realizzano opere d'arte che sfilano sulle passerelle più prestigiose del mondo, danno vita ai complementi di meditazione di The Novel Alchemist. Un patrimonio artigianale che non è solo sopravvissuto, ma si è evoluto diventando simbolo dell'eccellenza italiana contemporanea.